TikTok al bando sui telefonini dei dipendenti della Commissione europea e del Consiglio, mentre anche l’Europarlamento valuta una mossa analoga: le istituzione di Bruxelles hanno messo alla porta la celebre app cinese per condividere video brevi a causa di problemi legati alla cyber-security.
C’è un “forte focus sulla protezione della sicurezza informatica ed è su questo che abbiamo preso questa decisione”, ha spiegato il commissario Ue per il Mercato interno Thierry Breton.
Da parte sua il social ha replicato che è una decisione “sbagliata” e “basata su pregiudizi”. “Il Governo cinese non ci ha mai chiesto acceso ai dati e se lo facesse non glielo accorderemmo”, ha detto anche il responsabile relazioni istituzionali Sud Europa di TikTok Giacomo Lev Mannheimer.
Comunque la app dovrà essere disinstallata entro il 15 marzo dai telefonini aziendali del personale della Commissione e da quelli privati con accesso al servizio di telefonia mobile. L’esecutivo non ha fatto sapere se sia stato vittima di incidenti informatici specifici legati a TikTok, ma ha precisato di aver condiviso con le altre istituzioni le proprie valutazioni. Ha poi escluso simili iniziative su altre piattaforme, che pure sono costantemente tenute sotto controllo dai servizi informatici. La sospensione di TikTok è temporanea e sarà oggetto di rivalutazione.
In Commissione la decisione è arrivata dal corporate management board, si è appreso, mentre in Consiglio dal segretariato. Dal Parlamento europeo un portavoce ha fatto sapere che verrà presa in considerazione la valutazione della Commissione prima di dare raccomandazioni alle autorità dell’Eurocamera. Bruxelles si è dunque allineata alle misure già annunciate su TikTok negli Stati Uniti, dove una legge del Senato a dicembre ha vietato la app sui cellulari dei dipendenti statali e federali. “Non c’è stata alcuna pressione da Washington”, ha chiarito il portavoce della Commissione. Da due anni la app è stata messa al bando in India. A novembre il social aveva ammesso che i dati degli utenti mondiali sono accessibili dal quartier generale in Cina, e ricostruzioni di stampa ne hanno anche ipotizzato l’uso per spiare giornalisti. Per arginare possibili interventi nell’Ue a metà gennaio il ceo Shou Zi Chew aveva avuto una serie di incontri a Bruxelles anche con alcuni commissari europei come Margarethe Vestager (Concorrenza), Vera Jourova (Valori e trasparenza), Ylva Johansson (Affari interni) e Didier Reynders (Giustizia), oltre allo stesso Breton. L’invito alla società, più o meno corale, è stato quello di conformarsi alla normativa Ue. “Ci sono tendenze positive, ma c’è ancora margine di miglioramento”, aveva sottolineato Reynders. “Proteggiamo i dati dei 125 milioni di persone che sono su TikTok ogni mese in tutta l’Unione Europea – ha rivendicato la società -. Stiamo continuando a migliorare il nostro approccio alla sicurezza dei dati, anche attraverso la creazione di tre data center in Europa per conservare i dati degli utenti a livello locale, riducendo ulteriormente l’accesso ai dati da parte dei dipendenti e minimizzando il flusso di dati al di fuori dell’Europa”. E ancora, sulle supposte intrusioni di Pechino, “siamo una piattaforma globale – ha detto Lev Mannheimer -, TikTok non è presente in Cina, i nostri dati non sono in Cina, il management non è in Cina. Gli investitori non sono cinesi”.