Smartwatch, il mercato perde quota anche a inizio 2023

Il mercato degli smartwatch, gli orologi connessi, continua a perdere punti.

Come riportano gli ultimi dati di Counterpoint Research, il settore vive una contrazione dell’1,5% nel primo trimestre del 2023, dopo un 2022 chiuso al -8%.

In uno scenario globale in discesa, solo l’India fa registrare un incremento importante, pari al +121%. Tale dato, considerando la media generale, porta dunque l’intero segmento a ottenere un +12% nel trimestre di riferimento, una cifra “falsata” dal boom indiano, dietro cui si nasconde una crisi economica generalizzata, accentuata dal conflitto in Ucraina e dalle perduranti difficoltà della catena di fornitura di componenti tecnologiche. Counterpoint Research spiega il dato in controtendenza dell’India con un’evidenza: per gli analisti ad aver perso maggior posizioni sono gli smartwatch premium, come Apple Watch e la controparte Samsung Galaxy, nei confronti delle offerte medio-basse che invece prendono quota. Su una popolazione di consumatori così vasta come l’India, la differenza di dispositivi spediti è concreta. A guidare il mercato c’è sempre Apple, che detiene una fetta del 26% sul totale, in calo rispetto al 32% del primo trimestre 2022. In seconda posizione ci sono Fire-Boltt e Samsung, entrambe al 9%.

La società indiana è però avanti in quanto a crescita trimestrale, tanto che in un anno è passata dall’essere posizionata nella voce “Altri” ad avere un segmento tutto per sé. In termini di macroaree, l’India ha superato il Nord America per spedizioni di smartwatch, a fronte di una crescita del 121% su base annua. A farne le spese è anche la Cina, che passa dal 24% del primo trimestre del 2022 al 18% dell’intero settore smartwatch, in calo di 6 punti percentuale. L’analista Woojin Son ha dichiarato: “Il mercato globale degli smartwatch, che ha registrato una forte crescita per diversi anni, è entrato in un periodo di stagnazione. In mezzo a un rallentamento globale della domanda, le tendenze di consumo sono cambiate e si basano molto più di prima sulla spesa. Questi numeri ne sono la conferma”.

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